Spazio Libero

La verità è sempre la correzione di un errore, e quindi l'errore fa parte della verità. (Giuseppe Prezzolini, 1980)

Una strategia imperialista per un Nuovo Ordine Mondiale: Le Origini della Terza Guerra Mondiale (1 di 3)

Posted by Marco su 27 ottobre, 2009

Restando sulla scia di quanto detto a proposito del libro di Marco Pizzuti Rivelazioni non autorizzate, la storia del nostro tempo non viene mai completamente narrata alla gente, che ne è la vera protagonista. In tv la storia ha i colori bianco e nero dei documentari dell’Istituto Luce, come se quello che accade in questi anni non fosse degno di essere un giorno ricordato con gli stessi toni solenni con cui oggi si racconta l’invasione polacca del Terzo Reich. Sui giornali la storia, intesa come storia della politica internazionale, è solo cronaca, priva di quelle dettagliate analisi che invece abbondano quando si discute di scandali sessuali o beghe di partito. In questi giorni si rincorrono notizie di morte in Pakistan, Iran e Iraq. I media le diffondono sottoforma di estemporanei flash giornalistici per lasciare spazio sufficiente al delitto di Garlasco o al caso Marrazzo. Nessun esperto prova a fare dei collegamenti, ad alzare lo sguardo sulla situazione geopolitica delle regioni mediorientali e dell’Asia Centrale chiedendosi a chi possa giovare una tale situazione e a quali sviluppi futuri andiamo incontro.

Al di là della solita scontata retorica filoamericana e antiterrorismo, esiste a mio avviso un buio informativo di una gravità assoluta. Un buio da illuminare, prima che il soffitto di casa nostra crolli all’improvviso sulle nostre menti distratte, senza che ce ne accorgiamo.

Pubblico la traduzione di un articolo di Andrew Gavin Marshall, che in realtà è un saggio storico diviso in tre parti (qui, per ora, troverete solo la prima), in cui si analizzano i passaggi attraverso i quali si è giunti all’assetto geopolitico attuale a partire dal crollo dell’Unione Sovietica nel 1989. Troverete i nomi, i fatti e le circostanze che hanno portato gli Stati Uniti e la NATO a dominare l’Europa e i Balcani, e i piani futuri di predominio euroasiatico che prendono le mosse dall’11 settembre 2001 e minacciano di trascinare il mondo in un terzo conflitto mondiale.

Il vasto corollario di fonti permette al lettore di verificare quanto scritto nell’articolo ed eventualmente continuare il lavoro di ricerca e affinamento dell’informazione. Il video pubblicato in cima al post mostra un’intervista a Webster Tarpley, coraggioso giornalista e storico americano, in cui svela le trame di potere che si celano dietro l’immagine ‘pacifica’ e conciliatrice di Barack Obama, descritto come un ‘puppet’ dei poteri forti. Rintracciare le analogie tra quanto scritto nell’articolo seguente e le tesi di Tarpley è un esercizio molto interessante.

L’atteggiamento che dovrebbe avere chiunque si accosti allo studio o alla lettura di un argomento è ben riassunto dalle parole di Paolo Barnard: “Ogni volta che voi pubblico ascoltate o leggete il lavoro di chi vi informa, dovete imporvi di pensare che si tratta solo di fonti, non di oracoli, ma fonti da ascoltare a debita distanza, fra le tante altre fonti che ascolterete. Dovete arrivare al punto dove non esista più la relazione col giornalista ‘personaggio/divo/esperto’, che va visto sempre come un vostro consulente fra i tanti”.

UNA STRATEGIA IMPERIALISTA PER UN NUOVO ORDINE MONDIALE: LE ORIGINI DELLA TERZA GUERRA MONDIALE (Prima Parte)

di Andrew Gavin Marshall

Introduzione

A fronte del totale collasso economico globale, le probabilità che si verifichi una massiccia guerra internazionale sono in aumento. Storicamente, i periodi di declino imperiale e crisi economica sono contrassegnati da un aumento della violenza internazionale e della guerra. Il crollo dei grandi imperi europei è stato segnato dalla Prima e Seconda Guerra Mondiale e la Grande Depressione che ebbe luogo tra i due conflitti. Attualmente, il mondo sta assistendo al declino dell’impero americano, a sua volta nato dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale. Come dominatore imperiale del dopoguerra, l’America creò l’attuale sistema monetario e rivestì il ruolo primario di arbitro della politica economica globale. Per gestire la politica economica mondiale, gli Stati Uniti hanno creato la più grande e potente forza militare della storia. Non è possibile mantenere il controllo dell’economia globale senza una costante presenza e azione militare.

Ora che sia l’impero americano che l’economia politica globale sono in crisi e in procinto di collassare, la prospettiva di una fine violenta per l’era imperiale dell’America si fa drammaticamente concreta. Questo saggio è suddiviso in tre parti distinte. La prima parte riguarda la strategia geopolitica USA-NATO dopo la fine della guerra fredda e all’inizio del Nuovo Ordine Mondiale, che delinea la politica imperiale dell’occidentale che ha spianato la strada alla guerra in Jugoslavia e la “guerra al terrore”. La seconda parte analizza le origini delle “rivoluzione dolci” o “rivoluzioni colorate” nella strategia imperiale degli Stati Uniti, concentrandosi sulla creazione di egemonia nell’Europa orientale e nell’Asia centrale. La terza parte analizza la natura della strategia imperiale di costruire un nuovo ordine mondiale, con particolare attenzione ai conflitti crescenti in Afghanistan, Pakistan, Iran, America Latina, Europa Orientale e Africa, e la possibilità che questi focolai di guerra hanno di scatenare una nuova guerra mondiale con la Cina e la Russia.

Definizione di una Nuova Strategia Imperiale

Nel 1991, con il crollo dell’Unione Sovietica, la politica estera dell’asse USA-NATO ha dovuto ripensare il suo ruolo nel mondo. La guerra fredda è servita come un mezzo per giustificare l’espansione imperialista degli Stati Uniti in tutto il mondo con lo scopo di “contenere” la minaccia sovietica. La NATO stessa è stata creata ed esiste solo allo scopo di formare una alleanza anti-sovietica. Dopo la dissoluzione dell’URSS, la NATO non aveva più alcun motivo di esistere. Gli Stati Uniti hanno dovuto quindi trovare un nuovo scopo per la loro strategia imperialista nel mondo. Nel 1992, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, sotto la direzione del Segretario della Difesa Dick Cheney (che in seguito diventerà vice-presidente di George Bush Jr.) e del sottosegretario del Pentagono alla Difesa per la politica Paul Wolfowitz (che sarà Vice Segretario della Difesa durante l’amministrazione di Bush Jr. e presidente della Banca mondiale), scrisse un documento di difesa che divenne la guida della politica estera americana nel dopo-guerra fredda, comunemente denominato “Nuovo Ordine Mondiale”.

Il documento, intitolato ‘Defense Planning Guidance’, fu rilasciato nel 1992, e rivelò che “In una estesa dichiarazione per una nuova politica, che è nella sua fase finale di stesura, il Dipartimento della Difesa afferma che la missione politica e militare degli Stati Uniti nel post-guerra fredda sarà assicurare che a nessuna superpotenza rivale sia permesso di emergere in Europa Occidentale, Asia o nei territori dell’ex Unione Sovietica”, e che “Il documento riservato delinea i confini di un mondo dominato da un’unica superpotenza, la cui posizione può essere perpetuata da un comportamento costruttivo e un controllo militare sufficiente a scoraggiare qualsiasi nazione o gruppo di nazioni contesti la supremazia americana. Inoltre, “il nuovo progetto tratteggia un mondo in cui esiste una potenza militare dominante i cui leader hanno il compito di ‘instaurare dei meccanismi di dissuasione per i potenziali concorrenti, o per chiunque aspiri ad un ruolo locale o globale più rilevante’ ”. Tra le sfide necessarie per la supremazia americana, il documento “richiede guerre contro l’Iraq e la Corea del Nord” ed ha individuato nella Cina e la Russia le principali minacce. Il documento inoltre “suggerisce che gli Stati Uniti potrebbero anche prendere in considerazione l’ipotesi di estendere le operazioni di ‘contenimento’ alle nazioni dell’Europa centrale e orientale, analogamente a quanto avviene per i paesi dell’Arabia Saudita, Kuwait e altri paesi arabi lungo il Golfo Persico”[1].

NATO e Yugoslavia

Le guerre in Jugoslavia durante tutto il 1990 sono servite come pretesto per l’esistenza della NATO nel mondo e l’allargamento degli interessi imperiali americani nell’Europa dell’est. La Banca Mondiale e FMI hanno posto le basi per la destabilizzazione della Jugoslavia. Dopo aver a lungo vissuto all’ombra del dittatore Josip Tito, morto nel 1980, la Jugoslavia ha attraversato una crisi di leadership. Nel 1982, i funzionari della politica estera americana hanno studiato un piano di prestiti erogati dal FMI e dalla Banca Mondiale, che presero il nome di Programmi di aggiustamento strutturale (SAPs), con lo scopo di gestire la crisi del debito che aveva raggiunto la cifra di 20 miliardi di dollari. L’effetto di questi prestiti, nell’ambito dei SAPs, hanno provocato “uno sconvolgimento economico e politico del paese…La crisi economica ha messo a rischio la stabilità politica…ed ha inoltre minacciato di aggravare le già alte tensioni etniche”.[2] (Per maggiori informazioni circa i SAPs, consiglio la lettura di Globalizzazione della povertà e Nuovo Ordine Mondiale di Michel Chossudovsky, nda)

Nel 1989, Slobodan Milosevic divenne presidente della Serbia, la più grande e potente repubblica jugoslava. Sempre nel 1989, il premier della Yugoslavia viaggiò negli Stati Uniti per incontrare il presidente George H.W. Bush, al fine di negoziare un altro pacchetto di aiuti finanziari. Nel 1990, il programma finanziario patrocinato da Banca Mondiale/Fondo Monetario Internazionale ebbe inizio, con il risultato che le spese dello stato jugoslavo furono dirette esclusivamente al rimborso del debito contratto. Come risultato, i programmi sociali furono smantellati, la moneta fu svalutata, gli stipendi rimasero congelati mentre i prezzi subirono un forte rialzo. Le riforme “alimentarono tendenze separatiste dovute a fattori economici nonché le divisioni etniche, praticamente garantendo de facto la secessione della Repubblica”, il che portò al distaccamento della Croazia e la Slovenia nel 1991. [3]

Nel 1990, la comunità di intelligence degli Stati Uniti rilasciò un rapporto intitolato ‘National Intelligence Estimate (NIE)’, nel quale venivano previsti la scissione della Jugoslavia e lo scoppio della guerra civile, attribuendo la responsabilità dei successivi disordini al presidente serbo Slobodan Milosevic [4].

Nel 1991, scoppiò il conflitto tra la Jugoslavia e la Croazia, dopo che quest’ultima dichiarò l’indipendenza. Nel 1992 si giunge però ad un cessate il fuoco. Ma nonostante ciò, i croati continuarono a mettere in campo piccole offensive militari fino al 1995 entrando anche nel conflitto in Bosnia. Nel 1995, la Croazia intraprese l’operazione Tempesta, con lo scopo di riconquistare la regione della Krajina. Un generale croato è stato recentemente messo sotto processo alla Corte Internazionale dell’Aia per crimini di guerra durante questa battaglia, che è stata fondamentale per guidare i serbi fuori dalla Croazia e “consolidare l’indipendenza della Croazia”. Gli Stati Uniti appoggiarono queste operazioni e la CIA fornì attivamente informazioni segrete alle forze croate che provocando tra 150.000 e 200.000 profughi serbi, in gran parte scacciati dalle loro terre uccidendo, saccheggiando case, incendiando villaggi e compiendo atti di pulizia etnica. [5]

L’esercito croato fu addestrato addestrato da consiglieri americani, mentre tutte le operazioni furono supportate personalmente dagli uomini della CIA [6]. L’amministrazione Clinton diede il ‘via libera’ all’Iran per armare i musulmani bosniaci e “dal 1992 al gennaio 1996 c’è stato un afflusso di armi iraniane e consulenti in Bosnia”. Inoltre, “l’Iran e altri paesi musulmani hanno contribuito a portare i mujihadeen combattenti in Bosnia a combattere con i musulmani contro i serbi, ‘i guerrieri sacri’ provenienti dall’Afghanistan, Cecenia, Algeria e Yemen, alcuni dei quali avevano sospetti legami con i campi di addestramento di Osama bin Laden in Afghanistan”.

Fu “l’intervento occidentale nei Balcani ad esacerbare le tensioni e sostenere le ostilità. Rispondendo alle richieste delle repubbliche e i gruppi separatisti nel 1990/1991, le élites occidentali – americani, britannici, francesi e tedeschi – indebolirono le strutture di governo in Jugoslavia accrescendo le insicurezze, infiammando i conflitti ed inasprendo le tensioni etniche. Offrendo sostegno logistico alle varie parti in guerra, l’intervento occidentale sostenne di fatto lo stesso conflitto nella metà degli anni 1990. La scelta di Clinton di prendere le parti dei musulmani bosniaci sulla scena internazionale e le richieste della sua amministrazione di alleggerire l’embargo militare disposto dalle Nazioni Unite in modo che i musulmani e i croati potessero essere armati contro i serbi, deve essere letta in questa luce” [7].

Durante la guerra in Bosnia, “è stato messo in atto un grande traffico di contrabbando di armi attraverso la Croazia. Questo traffico è stato organizzato dalle agenzie clandestine degli Stati Uniti, Turchia e Iran, insieme con una serie di gruppi radicali islamici, tra cui i mujihadeen afghani e il filo-iraniano Hezbollah”. Inoltre, “i servizi segreti di Ucraina, Grecia e Israele sono stati impegnati nell’armare i serbo-bosniaci”.[8] Anche l’agenzia di intelligence tedesca BND favorì i traffici di armi verso i musulmani di Bosnia e Croazia per combattere contro i serbi. [9] Gli Stati Uniti avevano influenzato la guerra nella regione, in una grande varietà di modi. Come l’Observer riportò nel 1995, una parte importante del loro coinvolgimento avvenne attraverso il “Military Professional Resources Inc. (MPRI), una società privata con sede in Virginia formata da generali in pensione e funzionari dei servizi segreti. L’ambasciata americana a Zagabria ammise che MPRI stava addestrando i Croati su licenza del governo degli Stati Uniti”. Inoltre, l’Olanda “era certa del coinvolgimento delle forze speciali americane nell’addestramento dell’esercito bosniaco e serbo-bosniaco (UAV)”. [ 10]

Già nel 1988, il leader della Croazia incontrò il cancelliere tedesco Helmut Kohl per definire una “una politica comune con l’obiettivo di spezzare la Jugoslavia” e portare la Slovenia e la Croazia nella “zona economica tedesca”. Ufficiali dell’esercito degli Stati Uniti sono stati quindi mandati in Croazia, Bosnia, Albania e Macedonia come “consulenti” e inseriti nelle forze speciali statunitensi per offrire aiuto. [11] Durante i nove mesi del cessate il fuoco della guerra in Bosnia-Erzegovina, sei generali degli Stati Uniti incontrarono i leader dell’esercito bosniaco per pianificare l’offensiva che ruppe il cessate-il-fuoco. [12] Nel 1996, la mafia albanese, in collaborazione con l’Esercito di liberazione del Kosovo (UCK), un’organizzazione militante della guerriglia, prese il controllo delle rotte di enormi traffici di cocaina attraverso i Balcani. L’UCK era legato ai combattenti mujaheddin in Afghanistan, tra cui vi era anche Osama bin Laden. [13] Nel 1997, l’UCK iniziò le ostilità contro le forze serbe [14] e nel 1998 il Dipartimento di Stato americano rimosse l’UCK dalla lista delle organizzazioni terroristiche. [15] Prima e dopo il 1998, l’UCK ricevette armi, addestramento e sostegno dagli Stati Uniti e la NATO, mentre il Segretario di Stato di Clinton, Madeline Albright, coltivava strette relazioni politiche con il leader dell’UCK Hashim Thaci. [16]

Sia la CIA che l’intelligence tedesca, il BND, appoggiarono i terroristi dell’UCK in Jugoslavia, prima e dopo il bombardamento della NATO del 1999. Il BND era in contatto con l’UCK sin dai primi anni ‘90, nello stesso periodo in cui l’UCK intratteneva rapporti con Al-Qaeda [17]. Membri dell’UCK furono addestrati da Osama bin Laden nei campi di addestramento in Afghanistan. Anche l’ONU ha dichiarato che gran parte degli atti di violenza che si sono verificati provenivano da membri dell’UCK, specialmente quelli alleati con Hashim Thaci. [18] Nel marzo del 1999 i bombardamenti della NATO nel Kosovo vennero giustificati col pretesto di porre fine alla repressione serba degli albanesi del Kosovo, che è stato definito un genocidio. L’amministrazione Clinton ha dichiarato che almeno 100.000 albanesi del Kosovo sono dispersi e “potrebbero essere stati uccisi” dai serbi. Bill Clinton in persona paragonò gli eccidi in Kosovo all’Olocausto degli ebrei. Il Dipartimento di Stato americano aveva affermato che si temevano fino a 500.000 albanesi morti. Alla fine, la stima ufficiale fu ridotta a 10.000, tuttavia, dopo gli opportuni accertamenti, è stato rivelato che ai serbi poteva essere attribuita la morte di meno di 2.500 albanesi. Durante la campagna di bombardamenti della NATO, tra i 400 ei 1.500 civili serbi rimasero uccisi, trasformando quelle operazioni militari in crimini di guerra, compresi il bombardamento di una stazione televisiva serba e un ospedale. [19]

Nel 2000, il Dipartimento di Stato Usa, in collaborazione con l’American Enterprise Institute, AEI, tenne una conferenza sulla integrazione euro-atlantica in Slovacchia. Tra i partecipanti vi erano molti capi di stato, funzionari degli affari esteri e ambasciatori di vari paesi europei, nonché i funzionari delle Nazioni Unite e della NATO. [20] Una lettera di corrispondenza tra un uomo politico tedesco presente alla riunione e il Cancelliere tedesco rivelò la vera natura della campagna della NATO in Kosovo. Se la conferenza chiedeva una rapida dichiarazione di indipendenza per il Kosovo, era palese ormai che la guerra in Jugoslavia era stata condotta con l’obiettivo di allargare la NATO, la Serbia sarebbe dovuta essere esclusa definitivamente dal piano di sviluppo europeo per giustificare una presenza militare americana nella regione e l’espansione territoriale nei Balcani è stata in ultima analisi finalizzata al contenimento della Russia [21].

La questione fondamentale è che “la guerra ha posto le basi per la sopravvivenza della NATO nel post-guerra fredda, dal momento che si è disperatamente tentato di giustificare la sua esistenza e il suo desiderio di espansione”. Inoltre, “Mentre i russi pensavano che la NATO si sarebbe sciolta dopo la guerra fredda, la NATO non solo si è allargata, ma è entrata anche in guerra intromettendosi in una controversia interna di un paese slavo dell’Europa orientale”. Questo è stato visto dalla Russia come una grande minaccia. Così, “gran parte dei rapporti tesi tra gli Stati Uniti e la Russia negli ultimi dieci anni trae origine proprio dalla guerra del 1999 contro la Jugoslavia”. [22]

La Guerra al Terrore e il Progetto per il Nuovo Secolo Americano (PNAC)

Quando Bill Clinton divenne Presidente, i falchi neo-conservatori (chiamati anche ‘neocon’, nda) che già avevano lavorato nell’amministrazione di George H.W. Bush formarono un think tank, ovvero una corrente di pensiero, chiamato il ‘Progetto per il Nuovo Secolo Americano’, o PNAC. Nel 2000 pubblicarono una relazione dal titolo ‘Ricostruire la Difesa dell’America: Strategia, Forze e Risorse per un nuovo secolo’. Traendo spunto dal ‘Defense Policy Guidance’, essi affermano che “gli Stati Uniti devono mantenere forze sufficienti in grado di organizzare in breve tempo e vincere guerre multiple e simultanee su larga scala”. [23] E ancora, “è necessario mantenere forze di combattimento sufficienti a combattere e trionfare sui più teatri di guerra contemporaneamente” [24] e che “è importante che il Pentagono inizi a calcolare le forze necessarie per proteggere, senza alcun aiuto esterno, gli interessi americani in Europa, Asia orientale e Golfo Persinco in ogni momento”.[25 ]

È interessante notare che il documento afferma che “gli Stati Uniti hanno per decenni cercato di svolgere un ruolo più permanente nella sicurezza regionale del Golfo. Mentre il conflitto irrisolto con l’Iraq fornisce una giustificazione immediata, la necessità di una sostanziale presenza di forze americane nel Golfo trascende la questione del regime di Saddam Hussein”.[26] Tuttavia, nel sostenere un massiccio incremento delle spese federali per la difesa e l’ampliamento dell’impero americano in tutto il mondo, compresa la distruzione forzata di numerosi paesi attraverso le principali guerre, il rapporto afferma che, “il processo di trasformazione, sebbene conduca a cambiamenti rivoluzionari, sarà probabilmente lungo e potrebbe comprendere anche un evento catastrofico e catalizzante – come una nuova Pearl Harbor”.[27] Quell’evento si verificò un anno dopo, esattamente l’11 settembre 2001. Molti tra gli autori di quel rapporto e i membri del PNAC lavoravano nell’amministrazione Bush, trovandosi dunque nella migliore posizione per mettere in atto il loro “Progetto” dopo aver ottenuto la loro “nuova Pearl Harbor”.

I propositi di guerra erano “già in fase di sviluppo negli anni Novanta da parte dei think tanks di estrema destra, organizzazioni in cui militavano i guerrieri della guerra fredda provenienti dal cuore dei servizi segreti, delle chiese evangeliche, delle multinazionali produttrici di armamenti e delle compagnie petrolifere, che mettevano a punto progetti impensabili per realizzare un Nuovo Ordine Mondiale”. Per fare questo, “gli Stati Uniti avrebbero bisogno di usare tutti i mezzi – diplomatici, economici e militari, anche guerre di aggressione – per garantirsi la possibilità di avere il controllo permanente delle risorse del pianeta e la capacità di controllare ogni possibile rivale, anche debole”.

Tra le persone coinvolte nel PNAC e nei piani per l’impero vi erano, “Dick Cheney – Vice President, Lewis Libby – capo dello staff di Cheney, Donald Rumsfeld – Ministro della Difesa, Paul Wolfowitz – vice di Rumsfeld, Peter Rodman – responsabile in materia di Sicurezza Globale, John Bolton – Segretario di Stato per il controllo degli armamenti, Richard Armitage – Vice Ministro degli Esteri, Richard Perle – ex Vice Ministro della Difesa sotto Reagan, oggi capo del Defense Policy Board, William Kristol – capo del PNAC e consigliere di Bush, noto come il cervello del presidente, Zalmay Khalilzad, che divenne successivamente ambasciatore in Afghanistan e in Iraq in seguito ai cambiamenti di regime in quei paesi”. [28]


La “Grande Scacchiera” di Brzezinski

Il falco e stratega Zbigniew Brzezinski, co-fondatore della Commissione Trilaterale insieme a David Rockefeller, ex consigliere alla Sicurezza nazionale e il personaggio più decisivo nella politica estera dell’amministrazione di Jimmy Carter, ha scritto un libro sulla geostrategia americana. Brzezinski è anche un membro del Council on Foreign Relations (CFR) e del Gruppo Bilderberg, ed è stato membro del consiglio di Amnesty International, il Consiglio Atlantico e il National Endowment for Democracy. Attualmente ricopre l’incarico di amministratore fiduciario e consulente presso il Centro di Studi Strategici e Internazionali (CSIS), il più importante organismo politico americano. Nel suo libro pubblicato nel 1997, il Grande Scacchiere Brzezinski delineò una strategia per l’America nel mondo. Egli scrisse, “Per l’America, l’obiettivo geopolitico principale è l’Eurasia. Per mezzo millennio gli affari del mondo sono stati dominati da potenze eurasiatiche e da popoli che hanno combattuto l’uno contro l’altro per il dominio regionale tentando anche di conquistare il potere mondiale”. Inoltre, “La maniera con cui l’America ‘controlla’ l’Eurasia è di fondamentale importanza. L’Eurasia è il continente più grande del mondo e geopoliticamente assiale. Un potenza che domini l’Eurasia controllerebbe due delle tre più avanzate ed economicamente produttive regioni del mondo. Un semplice sguardo alla cartina suggerisce anche che il controllo dell’Eurasia comporterebbe quasi automaticamente la subordinazione dell’Africa”. [29]

Brzezinski continua a delineare una strategia per l’impero americano affermando che “è imperativo che non emerga nessuno sfidante euroasiatico in grado di dominare l’Eurasia e quindi di competere con l’America. La formulazione di una geostrategia eurasiatica globale e integrata è dunque lo scopo di questo libro”.[30] L’ex consigliere della Sicurezza nazionale spiega inoltre che, “Due passi fondamentali sono quindi necessari: in primo luogo, identificare gli stati eurasiatici geostrategicamente dinamici e in grado di provocare un cambiamento potenzialmente importante nell’equilibrio internazionale del potere e capire gli obiettivi esterni principali delle loro èlite politiche e le probabili conseguenze che un loro eventuale raggiungimento comporterebbe. In secondo luogo, formulare specifiche politiche per gli Stati Uniti con lo scopo di compensare, cooptare e/o controllare quanto detto”. [31]

Questo significa che è fondamentale in primo luogo identificare gli stati potenzialmente in grado di uscire dalla sfera di influenza degli Stati Uniti e successivamente “compensare, cooptare e/o controllare” tali stati e i contesti in cui essi agiscono. Uno stato che certamente rientra in questa definizione è l’Iran. L’Iran, infatti, è uno dei maggiori produttori al mondo di petrolio e si trova in una posizione strategicamente molto importante lungo l’asse di Europa, Asia e Medio Oriente. L’Iran potrebbe essere in grado di alterare l’equilibrio dei poteri in Eurasia, stringendo accordi commerciali con la Russia o la Cina, o entrambi,  per ingenti forniture di petrolio e allo stesso modo esercitare una notevole influenza sul Golfo Persico mettendo in seria discussione l’egemonia americana in quella regione.

Brzezinski a questo punto rimuove ogni sotterfugio verbale rivelando chiaramente i suoi progetti imperiali, scrivendo, “Per dirla usando una terminologia che richiama il periodo più violento degli antichi imperi, i grandi imperativi della geostrategia imperiale sono impedire i consociativismi, assicurarsi sudditanza da parte dei vassalli, garantire i flussi tributari ed evitare alleanze tra i barbari”. [32]

Brzezinski definisce le repubbliche dell’Asia Centrale i ‘Balcani Euroasiatici’, scrivendo, “Inoltre, esse (le repubbliche dell’Asia Centrale), dal punto di vista della sicurezza e delle ambizioni storiche, sono importanti almeno quanto tre dei loro più potenti paesi confinanti, vale a dire la Russia, la Turchia e l’Iran, con la Cina che si sta facendo notare per un crescente interesse politico nella regione. Ma i Balcani Eurasiatici sono infinitamente più importanti come potenziale vantaggio economico. In quelle regioni si trova infatti una concentrazione enorme di gas naturale e di riserve di petrolio, oltre a importanti minerali, compreso l’oro”. [33] Il fondatore della Commissione Trilaterale ha inoltre scritto che, “Ne consegue che l’interesse primario dell’America è quello di contribuire a far sì che nessuna singola potenza arrivi a controllare questo spazio geopolitico e che la comunità mondiale possa godere in quelle terre del libero accesso finanziario ed economico”. [34] Questo è un chiaro esempio del ruolo che l’America ricopre come motore dell’impero; con una politica estera imperiale pensata per mantenere gli USA in una posizione strategicamente molto importante, ma soprattutto è “infinitamente più importante” garantire “un vantaggio economico” per “la comunità internazionale”. In altre parole, gli Stati Uniti è una potenza egemone imperiale che lavora per soddisfare interessi economici sovranazionali.

Brzezinski inoltre avverte che, “per gli Stati Uniti può divenire necessario determinare il modo di far fronte a coalizioni regionali che cerchino di spingere l’America fuori dall’Eurasia, minacciando in tal modo lo status di potenza mondiale dell’America” [35] e egli “ipotizza concessioni a chiunque manovri e manipoli al fine di prevenire l’emergere di una coalizione ostile in grado di sfidare il primato degli Stati Uniti”. Quindi, “La prima azione da compiere è quello di assicurarsi che nessuno stato o una combinazione di stati conquisti la capacità di espellere gli Stati Uniti dall’Eurasia o anche di diminuire significativamente il suo ruolo decisivo di arbitro”. [36]

La Guerra al Terrore e all’Eccesso di Imperialismo

Nel 2000 il Pentagono rilasciò un documento denominato ‘Joint Vision 2020’, che descriveva le linee guida di un piano per realizzare quello che fu chiamato, ‘Full Spectrum Dominance’, e cioè un progetto futuro per il Dipartimento della Difesa per il futuro. “Con ‘Full-Spectrum Dominance’ si intende la capacità delle forze militari Usa, che operino da soli o con gli alleati, di sconfiggere ogni avversario e di controllare qualsiasi situazione che rientri in tutta la gamma di possibili operazioni militari”. Il rapporto “indirizza la ‘Full-Spectrum Dominance’ verso ogni tipologia di conflitto militare, dalla guerra nucleare alle guerre su scala minore. Esso si rivolge anche alle situazioni amorfe, come le operazioni di peacekeeping e interventi umanitari”. Inoltre, “Lo sviluppo di una rete globale di informazione fornirà l’ambiente ideale per godere di credito nel momento di importanti decisioni”. [37]

Da economista politico, Ellen Wood chiarisce che, “Il dominio senza confini di una economia globale e degli stati che la gestiscono richiede un’azione militare senza fine, in termini di tempo e obiettivi “. [38] Inoltre, “Il dominio imperiale in una economia capitalista globale richiede un delicato e contraddittorio equilibrio tra il controllo forzato della concorrenza e il mantenimento di condizioni di competitività economica tali da stimolare i mercati e generare profitti. Questa è una delle contraddizioni più importanti del nuovo ordine mondiale”. [39]

Dopo l’11 settembre 2001, la “dottrina Bush” è stata messa in atto e stata definita “un diritto unilaterale ed esclusivo di attacco preventivo, in qualsiasi momento, ovunque, svincolata da eventuali accordi internazionali, al fine di garantire che le (nostre) forze militari siano abbastanza forti da dissuadere i potenziali avversari dal perseguire un potenziamento militare nella speranza di superare o eguagliare la potenza degli Stati Uniti”. [40].

La NATO ha messo in atto la prima invasione terrestre della sua storia ai danni di un’altra nazione quando prese parte all’occupazione dell’Afghanistan nel 2001. La guerra in Afghanistan è stata di fatto prevista prima degli eventi dell’11 settembre 2001, con gli accordi intrapresi tra le grandi compagnie petrolifere occidentali e i talebani in merito all’oleodotto transafgano. La guerra è stata pianificata durante l’estate del 2001 con l’obiettivo di entrare in guerra a metà ottobre [41].

L’Afghanistan è un paese estremamente importante dal punto di vista geopolitico. “Il trasporto di tutto il combustibile fossile del bacino del Caspio attraverso la Russia o l’Azerbaigian aumenterebbe notevolmente il controllo politico ed economico della Russia sulle repubbliche dell’Asia centrale, che è precisamente ciò che l’Occidente ha cercato di evitare negli ultimi 10 anni. D’altro canto, il trasporto attraverso l’Iran arricchirebbe un regime che gli Stati Uniti cercano di isolare. Il passaggio attraverso la Cina, indipendentemente da considerazioni strategiche, avrebbe invece costi proibitivi. Controllare gasdotti passanti attraverso l’Afghanistan permetterebbe dunque agli Stati Uniti e di perseguire l’obiettivo di “diversificazione dell’approvvigionamento energetico” e di penetrare all’interno dei mercati più redditizi del mondo”. [42]

Come il San Francisco Chronicle ha segnalato solo due settimane dopo gli attacchi dell’11 settembre, “Dietro la determinazione americana a stanare gli autori degli attentati, al di là del rischio di lunghe ed estenuanti battaglie con numerose morti civili nei mesi e anni a venire, la posta in gioco nascosta della guerra contro il terrorismo può essere riassunta in una sola parola: petrolio”. E ancora, “La mappa dei santuari del terrorismo e degli obiettivi in Medio Oriente e nell’Asia Centrale coincide, con uno straordinario grado di approssimazione, con la mappa delle principali fonti energetiche del mondo nel 21 ° secolo. La difesa di tali risorse energetiche – piuttosto che un semplice ‘scontro di civiltà’ tra Islam e Occidente – sarà il principale oggetto del contendere del conflitto globale per i decenni a venire”.

Tra i molti importanti stati dove coesistono terrorismo e riserve energetiche vitali per gli USA e l’Occidente troviamo l’Arabia Saudita, Libia, Bahrein, Emirati del Golfo, Iran, Iraq, Egitto, Sudan e Algeria, Turkmenistan, Kazakistan, Azerbaigian, Cecenia, Georgia e Turchia orientale. In particolare, “questa regione rappresenta oltre il 65 per cento della produzione mondiale di petrolio e gas naturale”. Inoltre, “E’ inevitabile che la guerra contro il terrorismo sarà percepita da molti come una guerra in nome della Chevron, ExxonMobil e Arco, per l’America; TotalFinaElf per la Francia; British Petroleum, Royal Dutch Shell e altri colossi multinazionali, che hanno investito nella regione centinaia di miliardi di dollari”. [43]

Non è un segreto che la guerra in Iraq ha molto a che fare con il petrolio. Nell’estate del 2001, Dick Cheney convocò una task force per l’Energia, che si è sviluppata in una serie di riunioni altamente segrete in cui è stata decisa la politica energetica per gli Stati Uniti. Nel corso di questi incontri e attraverso altri mezzi di comunicazione, Cheney e i suoi collaboratori hanno incontrato alti funzionari e dirigenti della Shell Oil, British Petroleum (BP), Exxon Mobil, Conoco e Chevron. [44] Durante meeting, tenutosi prima dell’11 settembre e prima che si facesse alcuna menzione alla guerra contro l’Iraq, furono presentati e discussi documenti relativi ai giacimenti petroliferi, oleodotti, raffinerie e terminali iracheni, e “documenti altrettanto significativi riguardanti l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti (UAE), nei quali figurava una mappa con ogni giacimento petrolifero, oleodotto, raffineria e terminale cisterna del paese”.[45] Da quel momento in poi Royal Dutch Shell e British Petroleum hanno siglato i contratti più redditizi per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi iracheni. [46]

La guerra in Iraq, così come la guerra in Afghanistan, sono funzionali soprattutto agli interessi americani e, più in generale, agli interessi strategico-imperiali dell’Occidente. In particolare, le guerre sono state strategicamente progettate con lo scopo di eliminare, minacciare o contenere le potenze regionali, come pure installare direttamente decine di basi militari nella regione, il che sancisce fermamente una presenza imperiale. L’obiettivo di queste politiche è soprattutto quello di precludere alla Russia ed alla Cina l’accesso al petrolio ed alle riserve di gas. L’Iran è ora circondata, con l’Iraq da un lato e l’Afghanistan dall’altro.

Note conclusive

La prima parte di questo saggio ha illustrato la strategia imperiale dell’asse USA-NATO per l’instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale in seguito allo smembramento dell’Unione Sovietica nel 1991. L’obiettivo primario è stato stabilito nel contenere la Russia e la Cina prevenendo il sorgere di una nuova superpotenza. Gli Stati Uniti sono stati designati per agire come potenza egemone imperiale e servire gli interessi finanziari internazionali imponendo così un Nuovo Ordine Mondiale. La prossima parte di questo saggio prende in esame le rivoluzioni ‘colorate’ in tutta l’Europa orientale e Asia centrale, continuando la politica degli Stati Uniti e della NATO di contenimento della Russia e della Cina e controllando l’accesso alle principali riserve di gas naturale e delle rotte di trasporto. Le ‘rivoluzioni colorate’ sono state fondamentali nella strategia geopolitica imperiale dell’Occidente, e la loro analisi è la chiave per comprendere il Nuovo Ordine Mondiale.


Riferimenti

[1]        Tyler, Patrick E. U.S. Strategy Plan Calls for Insuring No Rivals Develop: A One Superpower World. The New York Times: March 8, 1992. http://work.colum.edu/~amiller/wolfowitz1992.htm

[2]        Louis Sell, Slobodan Milosevic and the Destruction of Yugoslavia. Duke University Press, 2002: Page 28

Michel Chossudovsky, Dismantling Former Yugoslavia, Recolonizing Bosnia-Herzegovina. Global Research: February 19, 2002: http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=370

[3]        Michel Chossudovsky, Dismantling Former Yugoslavia, Recolonizing Bosnia-Herzegovina. Global Research: February 19, 2002: http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=370

[4]        David Binder, Yugoslavia Seen Breaking Up Soon. The New York Times: November 28, 1990

[5]        Ian Traynor, Croat general on trial for war crimes. The Guardian: March 12, 2008: http://www.guardian.co.uk/world/2008/mar/12/warcrimes.balkans

[6]        Adam LeBor, Croat general Ante Gotovina stands trial for war crimes. The Times Online: March 11, 2008: http://www.timesonline.co.uk/tol/news/world/europe/article3522828.ece

[7]        Brendan O’Neill, ‘You are only allowed to see Bosnia in black and white’. Spiked: January 23, 2004: http://www.spiked-online.com/Articles/0000000CA374.htm

[8]        Richard J. Aldrich, America used Islamists to arm the Bosnian Muslims. The Guardian: April 22, 2002: http://www.guardian.co.uk/world/2002/apr/22/warcrimes.comment/print

[9]        Tim Judah, German spies accused of arming Bosnian Muslims. The Telegraph: April 20, 1997: http://www.serbianlinks.freehosting.net/german.htm

[10]      Charlotte Eagar, Invisible US Army defeats Serbs. The Observer: November 5, 1995: http://charlotte-eagar.com/stories/balkans110595.shtml

[11]      Gary Wilson, New reports show secret U.S. role in Balkan war. Workers World News Service: 1996: http://www.workers.org/ww/1997/bosnia.html

[12]      IAC, The CIA Role in Bosnia. International Action Center: http://www.iacenter.org/bosnia/ciarole.htm

[13]      History Commons, Serbia and Montenegro: 1996-1999: Albanian Mafia and KLA Take Control of Balkan Heroin Trafficking Route. The Center for Cooperative Research: http://www.historycommons.org/topic.jsp?topic=country_serbia_and_montenegro

[14]      History Commons, Serbia and Montenegro: 1997: KLA Surfaces to Resist Serbian Persecution of Albanians. The Center for Cooperative Research: http://www.historycommons.org/topic.jsp?topic=country_serbia_and_montenegro

[15]      History Commons, Serbia and Montenegro: February 1998: State Department Removes KLA from Terrorism List. The Center for Cooperative Research: http://www.historycommons.org/topic.jsp?topic=country_serbia_and_montenegro

[16]      Marcia Christoff Kurop, Al Qaeda’s Balkan Links. The Wall Street Journal: November 1, 2001: http://www.freerepublic.com/focus/fr/561291/posts

[17]      Global Research, German Intelligence and the CIA supported Al Qaeda sponsored Terrorists in Yugoslavia. Global Research: February 20, 2005: http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=431

[18]      Michel Chossudovsky, Kosovo: The US and the EU support a Political Process linked to Organized Crime. Global Research: February 12, 2008: http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=8055

[19]      Andrew Gavin Marshall, Breaking Yugoslavia. Geopolitical Monitor: July 21, 2008: http://www.geopoliticalmonitor.com/content/backgrounders/2008-07-21/breaking-yugoslavia/

[20]      AEI, Is Euro-Atlantic Integration Still on Track? Participant List. American Enterprise Institute: April 28-30, 2000: http://www.aei.org/research/nai/events/pageID.440,projectID.11/default.asp

[21]      Aleksandar Pavi, Correspondence between German Politicians Reveals the Hidden Agenda behind Kosovo’s “Independence”. Global Research: March 12, 2008: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=8304

[22]      Stephen Zunes, The War on Yugoslavia, 10 Years Later. Foreign Policy in Focus: April 6, 2009: http://www.fpif.org/fpiftxt/6017

[23]      PNAC, Rebuilding America’s Defenses. Project for the New American Century: September 2000, page 6: http://www.newamericancentury.org/publicationsreports.htm

[24]      Ibid. Page 8

[25]      Ibid. Page 9

[26]      Ibid. Page 14

[27]      Ibid. Page 51

[28]      Margo Kingston, A think tank war: Why old Europe says no. The Sydney Morning Herald: March 7, 2003: http://www.smh.com.au/articles/2003/03/07/1046826528748.html

[29]      Brzezinski, Zbigniew. The Grand Chessboard: American Primacy and its Geostrategic Imperatives. Basic Books, 1997: Pages 30-31

[30]      Brzezinski, Zbigniew. The Grand Chessboard: American Primacy and its Geostrategic Imperatives. Basic Books, 1997: Page xiv

[31]      Brzezinski, Zbigniew. The Grand Chessboard: American Primacy and its Geostrategic Imperatives. Basic Books, 1997: Page 41

[32]      Brzezinski, Zbigniew. The Grand Chessboard: American Primacy and its Geostrategic Imperatives. Basic Books, 1997: Page 40

[33]      Brzezinski, Zbigniew. The Grand Chessboard: American Primacy and its Geostrategic Imperatives. Basic Books, 1997: Page 124

[34]      Brzezinski, Zbigniew. The Grand Chessboard: American Primacy and its Geostrategic Imperatives. Basic Books, 1997: Page 148

[35]      Brzezinski, Zbigniew. The Grand Chessboard: American Primacy and its Geostrategic Imperatives. Basic Books, 1997: Page 55

[36]      Brzezinski, Zbigniew. The Grand Chessboard: American Primacy and its Geostrategic Imperatives. Basic Books, 1997: Page 198

[37]      Jim Garamone, Joint Vision 2020 Emphasizes Full-spectrum Dominance. American Forces Press Service: June 2, 2000:
http://www.defenselink.mil/news/newsarticle.aspx?id=45289

[38]      Ellen Wood, Empire of Capital. Verso, 2003: page 144

[39]      Ellen Wood, Empire of Capital. Verso, 2003: page 157

[40]      Ellen Wood, Empire of Capital. Verso, 2003: page 160

[41]      Andrew G. Marshall, Origins of Afghan War. Geopolitical Monitor: September 14, 2008:
http://www.geopoliticalmonitor.com/content/backgrounders/2008-09-14/origins-of-the-afghan-war/

[42]      George Monbiot, America’s pipe dream. The Guardian: October 23, 2001:
http://www.guardian.co.uk/world/2001/oct/23/afghanistan.terrorism11

[43]      Frank Viviano, Energy future rides on U.S. war. San Francisco Chronicle: September 26, 2001:
http://www.sfgate.com/cgi-bin/article.cgi?file=/chronicle/archive/2001/09/26/MN70983.DTL

[44]      Dana Milbank and Justin Blum, Document Says Oil Chiefs Met With Cheney Task Force. Washington Post: November 16, 2005:
http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2005/11/15/AR2005111501842_pf.html

[45]      Judicial Watch, CHENEY ENERGY TASK FORCE DOCUMENTS FEATURE MAP OF IRAQI OILFIELDS. Commerce Department: July 17, 2003: http://www.judicialwatch.org/printer_iraqi-oilfield-pr.shtml

[46]      TERRY MACALISTER, Criticism as Shell signs $4bn Iraq oil deal. Mail and Guardian: September 30, 2008: http://www.mg.co.za/article/2008-09-30-criticism-as-shell-signs-4bn-iraq-oil-deal

Al-Jazeera, BP group wins Iraq oil contract. Al Jazeera Online: June 30, 2009: http://english.aljazeera.net/news/middleeast/2009/06/200963093615637434.html

Andrew Gavin Marshall è un Ricercatore Associato del Centro di Ricerca sulla Globalizzazione (CRG). Attualmente si occupa dello studio di Politica Economica e Storia presso la Simon Fraser University.

L’articolo originale potete trovarlo qui:

http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=15686

13 Risposte to “Una strategia imperialista per un Nuovo Ordine Mondiale: Le Origini della Terza Guerra Mondiale (1 di 3)”

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